Open al bivio fra software e webware: questo è il titolo del mio intervento al convegno organizzato dalla Provincia di Cagliari ed intitolato La Pubblica Amministrazione al servizio del cittadino tra e-Government e Open Source.
Il succo di ciò che volevo dire nel mio intervento è che con l'enorme sviluppo del web 2.0, dei mashup e del fiorire di nuove API (soap, rest, javascript) le licenze open source non sono più completamente adatte al loro scopo.
Questa cosa ovviamente non me la sono inventata io ed esponenti ben più autorevoli di me si sono già espressi ed hanno manifestato i loro dubbi, uno per tutti Tim OReilly che ha sostenuto che le licenze open source sono ormai obsolete.
Detta così sembra una boutade o una provocazione, ed in parte lo è, ma c'è un fondo di verità che non deve sfuggire. Sebbene la maggiorparte dei cosiddetti servizi del web2.0 usino software opensource come Linux, PHP, MySQL, Apache e chissà cos'altro, i tool sono opensource ma le applicazioni risultanti sono spesso proprietarie.
In un mio precedente post ho già evidenziato che la GPL v2 non copre il cosiddetto software as service semplicemente perché nelle web application, non c'è distribuzione di codice ma solamente accesso alle funzionalità attraverso la rete. I problemi che si pongono in questo nuovo scenario sono secondo me abbastanza evidenti: se io uso open office e non sono molto soddisfatto posso scaricare il codice, modificarlo e soddisfare le mie esigenze. Se uso google writely e non sono soddisfatto NON posso scaricare il suo codice e modificarlo.
L'utilizzo del software as service ha dei vantaggi immensi per l'utente: basta un browser e possiamo fare tutto. Inoltre i servizi più intelligenti si adattano benissimo ai terminali mobili. Provare gmail dal cellulare per credere. Si sta realizzando il pervasive computing per il quale tanti ricercatori hanno spesso le loro migliori energie a volte nelle direzioni sbagliate, lo si sta realizzando nel modo più semplice attraverso la trasformazione del web da repository globale di dati e pagine di informazione in computer globale nel quale le applicazioni risiedono in pochi grandi server ed il codice client (javascript e html in genere) viene caricato quando serve nel browser dell'utente.
I vantaggi sono evidenti ma anche i pericoli sono tanti e soprattutto per la privacy ed il controllo dei dati. Non è un caso che qualcuno propone delle estensioni del browser per poter cifrare la posta quando si usa gmail.
Ho avuto il piacere di incontrare Stallman in una sua recente visita qui a Cagliari, e quando gli ho chiesto cosa ne pensasse del *software as service* e lui mi ha risposto che non ha senso lasciare i nostri dati in mano ad altri lasciando intendere che se uno è così pazzo da fare una cosa del genere allora per lui non c'è più speranza.
Il succo di ciò che volevo dire nel mio intervento è che con l'enorme sviluppo del web 2.0, dei mashup e del fiorire di nuove API (soap, rest, javascript) le licenze open source non sono più completamente adatte al loro scopo.
Questa cosa ovviamente non me la sono inventata io ed esponenti ben più autorevoli di me si sono già espressi ed hanno manifestato i loro dubbi, uno per tutti Tim OReilly che ha sostenuto che le licenze open source sono ormai obsolete.
Detta così sembra una boutade o una provocazione, ed in parte lo è, ma c'è un fondo di verità che non deve sfuggire. Sebbene la maggiorparte dei cosiddetti servizi del web2.0 usino software opensource come Linux, PHP, MySQL, Apache e chissà cos'altro, i tool sono opensource ma le applicazioni risultanti sono spesso proprietarie.
In un mio precedente post ho già evidenziato che la GPL v2 non copre il cosiddetto software as service semplicemente perché nelle web application, non c'è distribuzione di codice ma solamente accesso alle funzionalità attraverso la rete. I problemi che si pongono in questo nuovo scenario sono secondo me abbastanza evidenti: se io uso open office e non sono molto soddisfatto posso scaricare il codice, modificarlo e soddisfare le mie esigenze. Se uso google writely e non sono soddisfatto NON posso scaricare il suo codice e modificarlo.
L'utilizzo del software as service ha dei vantaggi immensi per l'utente: basta un browser e possiamo fare tutto. Inoltre i servizi più intelligenti si adattano benissimo ai terminali mobili. Provare gmail dal cellulare per credere. Si sta realizzando il pervasive computing per il quale tanti ricercatori hanno spesso le loro migliori energie a volte nelle direzioni sbagliate, lo si sta realizzando nel modo più semplice attraverso la trasformazione del web da repository globale di dati e pagine di informazione in computer globale nel quale le applicazioni risiedono in pochi grandi server ed il codice client (javascript e html in genere) viene caricato quando serve nel browser dell'utente.
I vantaggi sono evidenti ma anche i pericoli sono tanti e soprattutto per la privacy ed il controllo dei dati. Non è un caso che qualcuno propone delle estensioni del browser per poter cifrare la posta quando si usa gmail.
Ho avuto il piacere di incontrare Stallman in una sua recente visita qui a Cagliari, e quando gli ho chiesto cosa ne pensasse del *software as service* e lui mi ha risposto che non ha senso lasciare i nostri dati in mano ad altri lasciando intendere che se uno è così pazzo da fare una cosa del genere allora per lui non c'è più speranza.